…. e il vano bagagli atto a contenere una sacca di mazze da golf.
questo uno dei dettami imposti a Sir Alec Issigonis dalla BMC nella progettazione un nuovo concetto di piccola vettura universale, presentata nella seconda metà del 1959. Stava nascendi il simbolo di un’epoca il mito MINI.
Oltre al successo commerciale la Mini attira subito le attenzioni di John Cooper, che aveva appena vinto due Campionati Mondiali F1, e della Downton Engineering. Nel 1961 esce la prima Mini Cooper, con un motore da 997 cc da 55 cv, cambio con rapporti più lunghi e ravvicinati, freni anteriori a disco, pneumatici più larghi, e il caratteristico look bicolore. Questo fu solo l’inizio della consacrazione della vera icona degli anni “60 modaiola su strada e la vettura da battere in gara, tanto che se il Rally di Montecarlo già negli anni sessanta ha conquistato il suo forte impatto mediatico a livello globale lo si deve in buona parte alla Mini Cooper S che nel 1964 ha interrotto l’egemonia della Saab 96 e di Erik Carlsson. La “piccoletta” creata da Sir Alec Issigonis era l’automobile del momento, tutti la volevano, giovani, donne, professionisti. Non dimentichiamoci che eravamo negli anni sessanta: Swinging London, Twiggy, la minigonna, i Beatles, il momento d’oro del “made in England.
Il primo riscontro sportivo è per merito di Pat Moss, la sorella del campione di F1, che vince la Coppa delle Dame al Rally di Montecarlo 1962, edizione vinta dal marito Erik Carlsson con la Saab. Poche settimane più tardi Pat Moss e Anne Wisdon vinceranno l’assoluto al Rally dei Tulipani!
Intanto, la “S” scalda i muscoli, il motore sale di cilindrata, inizialmente a 1071, i cavalli diventano 70, i freni e i cerchi più grandi, lo sterzo più diretto, con 2,3 giri del volante da un estremo all’altro, il tutto per 635 kg. In più c’è una costruzione accurata e attenta ai particolari, che per esempio utilizza una doppia filettatura in oro nel parabrezza per evitare appannamenti. L’esordio al Rally di Montecarlo non potrebbe migliore!
Nella 33a edizione del Rally di Montecarlo conclusa nel Principato il 24 gennaio 1964, la Mini Cooper S, già terza l’anno precedente si permette di battere la Ford Falcon V8 di 4,7 litri di cilindrata e 285 cv di potenza, in pratica tre volte la Mini. L’impresa è firmata dall’equipaggio Paddy Hopkirk-Henry Liddon. I due non sembrano certo avere il phisique du role. Paddy è un rubicondo nord irlandese che farebbe la sua bella figura come gestore di un Pub, mentre Liddon alto e occhialuto sembra piuttosto un giovane professore di Oxford, ma intanto fanno risuonare l’inno inglese otto anni dopo Adams-Bigger, che nel 1956 con una Jaguar MK VII hanno regalato alla Gran Bretagna l’unico successo al “Monte”. La Mini completa la sua prestazione con il quarto posto di Timo Makinen-Patrick Vanson, e il settimo di Rauno Aaltonen-Tony Ambrose, le altre punte del dream team creato dal bravissimo Stuart Turner.
Il successo delle Mini Cooper S a Montecarlo è interrotta dal “giallo” dei fari. I commissari tecnici giudicano il filamento allo jodio dei fari non regolamentare, ed escludono dalla classifica i tre moschettieri della BMC Makinen, Aaltonen e Hopkirk, nonché la Ford Lotus Cortina di Roger Clark quarto classificato.
Nel 1965 con il motore 1275 cc da 75 cv con la guida di Timo Makinen, fantastico sotto le fitte nevicate, si prende la rivincita al “Monte” e regala il secondo alloro monegasco alla Mini Cooper S, che a fine stagione consente a Rauno Aaltonen navigato da Henry Liddon di laurearsi Campione Europeo Rally, il titolo più importante perché non esisteva ancora il mondiale. Rauno Aaltonen si aggiudica un nuovo terzo posto nel Rally di Montecarlo 1968, poi la Leyland assorbe la BMC e decide di ritirarsi dall’attività sportiva, la fine della carriera sportiva ma non del mito MINI.