330 P4 icon car fra sport e prototipi
La Ferrari 330 P4 è l’incarnazione e il culmine di un’intera era delle corse. Con la sua posizione bassa e le linee voluttuose, è anche tra le auto più visivamente spettacolari mai prodotte. Combina questi fattori e la parola “icona” viene spontanea. Ancora furioso dall’aver perso il Campionato Internazionale Costruttori Sport Prototipi assegnato alla Ford nel 1965 e nel 1966 e nel 1966 vedere un trio di Ford GT40s finite 1a, 2a e 3a a Le Mans, Enzo Ferrari si rivolse al suo ingegnere capo Mauro Forghieri con una semplice istruzione: vincere. Nel mondo allora dominato da Carroll Shelby e dai formidabili motori Ford da 7 litri, non sarebbe stata un’impresa facile. Quello che risultò dal mandato di Forghieri fu il 330 P4, probabilmente la più grande auto da corsa di resistenza di Ferrari di tutti i tempi. Basato sul 330 P3 – e quasi identico esteticamente – il 330 P4 rappresentò un aggiornamento e un’evoluzione meccanica significativi rispetto a qualsiasi cosa la Ferrari avesse mai fatto prima e nel 1967 riportò la Ferrari alla massima espressione del prototipo sportivo da corsa. Il clou della stagione 1967 arrivò alla 24 Ore di Daytona, una gara che sarebbe diventata nota come “la vendetta del commendatore”. Guidati da Chris Amon e Lorenzo Bandini su un 330 P4 seguito da Mike Parkes e Ludovico Scarfiotti su un altro 330 P4 e da Rodriguez e Guichet su una 330 P3 (rivisitata) la Ferrari ha concluso 1a,2a e 3a sul circuito della Florida. Poco tempo dopo, un paio di P4 finìrono 1a e 2a a Monza. La sorte volle ancora la Ford 1° a Le Mans mentre le P4s occuparono le due piazze d’onore. Nuovamente la Ferrari era ancora in possesso del titolo mondiale di sport prototipi. Negli anni successivi le modifiche del regolamento relative alla cilindrata del motore segnarono la fine della 330 P4 nelle competizioni europee, ma a quel punto aveva consolidato il suo posto nell’Olimpo delle corse endurance.